Oltre sette secoli fa, il 20 luglio 1304, nacque ad Arezzo Francesco Petrarca.
Precursore dell’Umanesimo, il poeta è senza dubbio alcuno uno dei “padri fondatori” della letteratura italiana.
“Era Petracco e si fece chiamare Petrarca…“, così il De Sanctis sintetizzava il profondo amore che il poeta aveva per la lingua e la classicità latina: figlio di Ser Petracco, per non chiamarsi Francesco Petracco o Di Petracco o Petracci, latinizzò il proprio cognome.
La grandissima ammirazione nei confronti dell’antichità classica portò l’aretino a sviluppare le basi per la nascita del metodo filologico moderno.
Oltre alle molteplici opere scritte in latino, vasta fu altresì la produzione in volgare: l’opera più celebre è il Canzoniere – conosciuto anche come “Rime” – il cui testo manoscritto porta il titolo di “Frammenti in lingua volgare ” (Rerum volgarium fragmenta), che consiste in una raccolta di trecentosessantasei componimenti di argomento amoroso, suddivisa in due parti successivamente denominate “Rime in vita” e “Rime in morte di Madonna Laura“.
Petrarca nei versi delle Rime rappresenta una situazione psicologia complessa ma soprattutto la risoluzione di essa in forma musicale: contemplazione, redenzione e liberazione dal dolore attraverso la forma. I sentimenti, anche quelli dolenti e sofferti, assumono una leggerezza straordinaria calandosi in parole e ritmi che non hanno più peso e che diventano immortali.
Protagonisti della raccolta sono il cuore del poeta, le sue malinconie, i suoi sogni, la sua tristezza. Nel sonetto “Solo et pensoso i più deserti campi” è proprio questa la dimensione che viene esplicitata: quando la tristezza è profonda per le pene amorose e per la “vergogna” di provarle – il poeta si sente solo e incompreso nella sua triste condizione di innamorato non corrisposto ed al contempo percepisce nell’amore la colpa – la solitudine diventa una speranza ed il solo rifugio dal giudizio degli altri. Ma nonostante questo “fuggire” l’Amore trova sempre il modo di raggiungerlo e di parlargli.
Nel Cinquecento molti versi del Petrarca furono musicati; il madrigale in particolare – sin dal principio percepito come una composizione elegante e preziosa in relazione al contenuto e, soprattutto, allo stile – era destinato ad un’élite di intenditori o appassionati: cantare le poesie di Petrarca divenne un topos, una prassi che ben si confaceva alla cultura e alla raffinatezza di simili contesti, laddove i cantori intonavano la propria parte intorno ad una sorta di tavola rotonda della musica nella quale nessuna voce dominava e spiccava sulle altre, in ossequio al principio di uguaglianza e armonia.
Luca Marenzio (Coccaglio, 18 ottobre 1553 – Roma 22 agosto 1599), il più acclamato autore di madrigali del suo tempo, musicò tra gli altri il sonetto “Solo et pensoso i più deserti campi“, che di seguito potete ascoltare e che rappresenta uno dei più raffinati esempi di pittura sonora madrigalista:
Quando la poesia e la musica dipingono le emozioni.